Questa settimana è stato pubblicato il dossier annuale di Legambiente “Mal’aria di città 2019” (disponibile all’indirizzo https://www.legambiente.it/contenuti/dossier/malaria-2019) che ha messo in luce la cattiva qualità dell’aria negli ambienti urbani. Nel 2018 sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono) in ben 55 capoluoghi di provincia.
Trento ha superato il limite di legge per 38 giorni nella centralina del Parco Santa Chiara (il Decreto 155/2010 consente al massimo 25 giorni di superamento) per le concentrazioni di ozono.
Se l’ozono è utile nella stratosfera filtrando i raggi ultravioletti, l’ozono nella troposfera (l’atmosfera dove noi viviamo) è “dopo il particolato, l’inquinante atmosferico che, per tossicità e per i livelli di concentrazione che possono essere raggiunti, incide maggiormente sulla salute umana” (fonte ISPRA).
L’ozono al suolo è dovuto a inquinamento antropico, derivando principalmente dagli ossidi d’azoto (NOx) e dalle sostanze organiche volatili (COV) mediante complessi processi fotochimici (anche a una certa distanza dalle fonti di inquinamento). Il superamento dei limiti in una centralina all’interno di un parco pubblico fa capire come l’inquinamento dell’aria sia un fenomeno diffuso e non limitato alle zone ritenute più critiche.
Gli ossidi di azoto sono un sottoprodotto di tutte le combustioni, e possono derivare da centrali termoelettriche o da grandi impianti industriali, ma, nel caso di Trento, derivano in maggioranza dal traffico su strada. In particolare i motori diesel (anche quelli più moderni, gli Euro6) emettono grandi quantità di questi inquinanti.
E’, quindi, necessario cambiare completamente l’organizzazione della mobilità urbana, incrementando la quota di spostamenti a piedi, in bici e con il trasporto pubblico e riducendo fortemente quella con mezzi privati. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) “serve una trasformazione radicale della nostra mobilità perché non possiamo attenderci dai limiti emissivi degli Euro 6 una significativa riduzione degli inquinanti a rischio sanitario e, ancor meno, una riduzione della CO2: l’automobile ibrida ed elettrica (o fuel cell) sono un percorso obbligato, ma non sufficiente”.
Ci pare che il Piano Urbano della Mobilità di Trento del 2010, pur basato su giusti principi, abbia raggiunto risultati molto modesti, sia per la prudenza nelle strategie proposte, sia per non essere stato realmente implementato (0 metri di corsie preferenziali da allora). La quota di spostamenti su auto privata a Trento è molto sopra il 50%, obiettivo previsto per il 2025 dalla Legge Provinciale per la mobilità sostenibile e già raggiunto a Bolzano.
Occorre all più presto progettare e realizzare un “Piano Urbano della Mobilità Sostenibile” (PUMS) con chiari e concreti obiettivi. Ad esempio una rete di corsie preferenziali, eventualmente da trasformare in una infrastruttura di tipo tranviario, che, volendo, sarebbe di veloce realizzazione.
Una grande quantità di NOx è prodotta dai mezzi che circolano sull’A22: secondo i primi risultati del progetto BrennerLEC, circa il 55% degli ossidi di azoto è dovuto ai mezzi pesanti, e circa il 45% ai mezzi leggeri, quasi completamente dovuto ai diesel. Paradossalmente, le emissioni di NOx prodotte dal parco-macchine attuale (moderno e con forte presenza di diesel) sono maggiori di quelle del passato, quando le auto erano più piccole e a benzina. Occorre quindi ridurre il traffico sull’Autobrennero tramite politiche che favoriscano il passaggio al trasporto su ferro, e non realizzare nuove infrastrutture che incrementino il trasporto su strada per proteggere la salute dei cittadini di tutta la Valle dell’Adige.
Un altro intervento realizzabile in tempi brevi è suggerito dai primi risultati del progetto BrennerLEC che mostrano come le riduzioni sperimentali di velocità attuate fra San Michele e Egna hanno portato a una riduzione media del 10% di NOx in atmosfera. Dai dati si può estrapolare che un limite di velocità a 100 km/h ridurrebbe le emissioni di tali inquinanti di circa il 35%. Tra gli argomenti sul tavolo del dibattito sul rinnovo della concessione dell’Autobrennero sarebbe importante considerare la tutela della salute dei cittadini.